tramonto

domenica 18 luglio 2010

TRE PIETRE PIZZOCCO (1^ parte)



Le ultime nevi ormai si sono sciolte ed io mi appresto a partire per questo doppio uppen down che va a concatenare di seguito due monti delle Alpi Feltrine, il tre Pietre ed il Pizzocco. Complessivamente il dislivello supererà i 6000 metri. Non proprio una passeggiata. Ma tant'è visto che sono queste le personali sfide in montagna. Lasciata l'auto a Marianne, salgo lungo l'erto nastro d'asfalto che porta alle ultime case, recentemente restaurate lasciando le caratteristiche originarie; nella luce lattiginosa della luna merli si esibiscono in esaltanti melodie, il ruscelletto che scende rumoroso fa da accompagnamento. Un gatto fila via veloce. Poco più in alto, lasciata la valle di Agabito, mi inoltro nella penombra del fitto della vegetazione. Il bosco, di questi tempi, lasciato all'abbandono diventa presenza ingombrante. Salgo cercando di trovare il ritmo giusto, fondamentale in questo tipo di avventura. Con la compagnia dei pensieri che si affacciano nella mente, esco a Prà Montagna. Un piccolo alpeggio di quota intermedia, oggi rovinato inopinabilmente dalla costruzione di una strada forestale. Oltre salendo, cammino sui declivi erbosi che scendono dal Palmar. Il sole che sorge ad oriente va a radere con i raggi il crinale e sbattere contro le rocce nella valle opposta, incendiandole di luce purpurea. L'erba che s'indora esalta le gocce di rugiada in mille luci di diamante. Ritmando il passo supero un piccolo gruppo di escursionisti che ascoltano i richiami sonori, nel silenzio d'intorno, dei forcelli. Continuo ad avanzare fino a giungere ai crinali del Cimone, dove c'è l'apoteosi della luce mattutina. Ampi spazi mi si avvinghiano all vista. Nel fondovalle dense nebbie si mettono in moto risalendo lentamente i canaloni. D'intorno si esaltano i colori primaverili. M'incuneo nel canalone che si fa sempre più erto, cercando la linea di salita più semplice. Proseguo finchè esco in cima al Cimone. Panorami a perdita d'occhio. Scendo il vallone opposto per risalire poi fra mughete roccette creste sino alla aerea cima del Tre Pietre. Sotto i miei piedi si spalanca unvorticoso amplesso di orridi, di baratri frastagliati, di cime aguzze, un'esaltazione dell'estetica dolomitica. La Valle di Canzoi impreziosita dal turchese del lago sembra risucchiata negli abissi. Lontano a settentrione si indovinano le Pale di San Martino, del Civetta , i Lagorai. Mi riposo un po' rapito dall'estetica del luogo; di fronte ad oriente la mia prossima meta oltre la valle profonda, incisa. Le nebbie intanto risalgono verso l'alto incuneandosi nelle vallecole, ora più dense, ora evanescenti. Scendo rapido ed in breve mi trovo presso la croce del Palmar. Poi velocemente calo nel folto della vegetazione fra conifere o intricati boschi cedui, fino ad uscire nel paesello di Campel Alto. Da qui al bianco letto del corso del Veses in Val Scura.

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