tramonto

venerdì 18 gennaio 2019

BUS DE LA PALAZA

Bianca, le cui primavere, non le consentono erti declivi, manda me in odor di pensione, ad infrattarmi tra contorti mughi ed antichi passaggi.
Galeotta fu una mappa del Grandis del 1713 ed un comunicato dell' eccellentissimo conte Lodovico Flangini provveditore sopra la Sanità della Serenissima Repubblica che così recitava..."devosi barricare il foro della Palla di San Eustachio su la montagna de la Palazza formando come un cassone in altezza di sei piedi empiendolo di pietre in forma tale che si renda quel luoco intransitabile a chi si sia."
Venezia, Stato da Mar,di pestilenze nel corso dei secoli ne aveva sopportate financo troppe ed ora che verso l'orizzonte tedesco se ne paventava un' ennesima, senza troppe indulgenze, ne apprestava le contromisure. Velocemente precettati all'uopo, armigeri del colmello di Soranzen, che fa a guardia della Valle di Canzoi, tosti si recarono muniti di schioppo, fra sbuffi ed improperi a tappare il "restello" in modo da non dar adito a chicchessia viandante di varcare la linea. Con facoltà di respingere coloro che tentassero di forzare il blocco anche "cum mala gratia".
 Sono trascorsi 300 anni e mi trovo al Ponte Umin, in una giornata di tardo autunno a volgere lo sguardo verso la stretta valle di Fosserla, che ingarbugliati cespugli tentano di celarla.
Su da qualche parte tra scoscesi pendii e rocce fratturate vi è la meta.
Risalgo la valle in fitto bosco da cui emergono rovine di majolere ed altri segni lasciati dall'uomo, fino a casera Pédena, ultimo avamposto a me noto, colonne d 'Ercole. Oltre è varcar l'ignoto.
 E l' ignoto è fatto di balze rocciose, di canaloni precipiti , di frane col tempo ricopertesi di vegetazione, di fitte macchie, di labili tracce di passaggio, di crinali erbosi, di vie precluse, di passaggi obbligati. Lasciarsi guidare più dall'intuito e dall'istinto che dalla ragione. Su in cima scoprire resti di un insediamento di pastori e sul filo di cresta di precipiti dirupi trovarsi sul luogo del desiderio. Eccolo finalmente il passaggio, un foro nella roccia che sa di opera d'arte. Che diventa cornice per i monti retrostanti, che s'indora dei raggi del mattino. Lieve il vento s'infila e va a far tremolare i rami. Al di là mughi s'insediano a guardia. Il tempo è sospeso.
 Poi il sole fa capolino e diventa la perla d'un gioiello.