tramonto

sabato 18 gennaio 2014

FORCELLA CIMONEGA

C'è poco rimedio alla canicola agostana anche ai Fonteghi, dove lascio la compagnia con cui sono arrivato in Primiero. Ne' fra le radure agresti, ne' tra i boschi fitti che mi portano fra le sabbie del Noana. Risalgo l'opposta sponda lesto, ed in breve il fondovalle è già ricordo in vista delle dolcezze da prateria di San Giovanni. Dirotto per breve via alle Caltene, dove gli spazi si liberano in aperti cieli che si acquerellano d'azzurro. Lascio le case di pietra e d'intonaco impreziosite da brocche di fiori ai balconi. Incalzo la valle di corsa dove il ghiaino sembra rombare. Essenze di legna spaccata e fumi di resina che si affrancano da reclusi comignoli, profumano delicati l'aria. Un ottuso cartello, consunto dal tempo, parla risoluto di proprietà privata come se il luogo si potesse ingabbiare. Ma qui questa landa celata, s'è cucita nel tempo oasi di pace, lontana dai fervori irredentisti italici e dalle regalità asburgiche. L'uomo dove ha messo mano ha trasformato la natura facendone poesia ed ora ne traspare letteratura ambientale. Cammino e corro sullo sterrato in una mescolanza di luoghi che si alternano fra natura e aie antropizzate. In alto oltre le cime di abeti, i monoliti di Cimonega, svettano bluastri nella lattiginosità mattutina. Da lassù scende ripido un canalone. Vado a risalirlo là dove non v'è valle, lungo un corso d'acqua dove non v'è acqua. Ma diventa la mia via. Solo per un attimo, fra sassi e intricati mughi, sentirò il loro scorrere, gorgogliante; fino a scomparire risucchiate nelle viscere oscure. La salita diventa faticosa. I massi grandi diventano sassi, che diventano brecce e più in su diventano sabbie, anzi un fiume di sabbie che faticano il cammino. Mi sposto a lato e sovrasto l'ansa tra bassi mughi e poi verzure colorate. Poi superbe pareti poste a guardia, imponenti. La ricerca di una via che porti oltre. La fantasia della mente che vede passare figure liberatesi dalle brume del tempo: sembrano loro che di qui scesero orgogliosi dopo aver scalato l'alpe ormai lontano nel tempo. Il Tomè, il Dal Col ed il Gabian con pastrano ed arma alla spalla mi passano accanto...il tempo di un'illusione. Abbasso lo sguardo e guardo i passi che mi portano in alto, accompagnato da un filo di vento, là dove le rocce si fanno cielo. Sono su, affaticato, alla Forcella Cimonega. Un groviglio di ghiaia, sassi, frane che disegnano le temperie del tempo profondo. E poi spazi che si liberano in panorami e respiri di libertà. Mufloni e camosci s'aggirano padroni dei luoghi, mi guardano con disinteresse. Mi fermo, chiudo gli occhi e guardo in alto con la vista delle sensazioni. Correnti calde d'Africa scorrono portando con sè grumi di nubi. Scendo giù verso il Pian del Re, dove il passo si fa corsa, tra sassi, erbe e mughi. Mi fermo e mi guardo intorno, e riprendo la via. Su oltre il Col dei Bechi e poi via sotto le crode del Sass de Mura. Calco il sentiero su erti pendii e vasti panorami. E poi sono già al Rifugio Boz . Una moltitudine di escursionisti s'appisola al sole, cede alle lusinghe del cibo, fotografa, si concede ad una pausa di quiete. Ed è già tempo di ritorno.