tramonto

mercoledì 14 dicembre 2011

GUIDE "ALPINE"


E per primi vennero gli inglesi che inventarono il moderno turismo. Nobili ed aristocratici, scesero nel lontano ottocento ai solatìi paesaggi italici e scoprirono le bellezze dolomitiche. Ne descrissero i viaggi in reportages che diedero lustro alle nostre terre. Poi scritti di Brentari o di Castiglioni (per citarne alcuni) estesero alla conoscenza luoghi e scalate alpinistiche. Guide ormai introvabili che rasentano la "leggenda". Negli anni sessanta e settanta del novecento iniziarono le monografie, che vedevo belle schierate negli scaffali delle librerie, tascabili. Quelle del Cai, guide alpinistiche dei monti d'Italia o della Tamari Editori in Bologna, nei cui libelli venivano trattate per prime le alte vie a firma di (tra gli altri) Rossi, Brovelli Sanmarchi...Per quanto riguarda i "monti di casa" nel 1972 esce Le Alpi Feltrine di Bertoldin De Bortoli Claut...per me appassionato di montagna diventa da subito la "bibbia". Vi sono descritti, talvolta in uno scarno condensato di notizie, tutte le cime ed i luoghi dei monti feltrini con relatvi sentieri e documentazione di ascensioni. Da allora quel libro mi seguirà sempre, soggiornerà periodicamente in camera, in cucina, in sala, ritengo che nessuno abbia sfogliato quella guida al mio pari...In seguito usciranno volumi più specialistici, quello di De Zordi darà una rassegna più dettagliata sulle scalate, Lasen e soprattutto Soppelsa e Dal Mas nella più attenta e particolareggiata descrizione dei sentieri escursionistici. Ora forse si aspetta una nuova "frontiera" nella narrazione dei nostri monti. Mi piacerebbe che i racconti del mio blog ne fossero una testimonianza. Ne uscisse l'anima della montagna presa in considerazione, il suo genius loci. Il lettore venga coinvolto nelle sensazioni che il luogo trasmette. Sapere che salire il Forzelon è cosa ardita per i più (ad esempio) che sulle vette è da arrivarci nell'esplosione delle fioriture, ma soprattutto alla fine di novembre quando il sole è basso sull'orizzonte in giornate terse, nelle cui vallate sottostanti le nebbie nascondono tutto e quassù sferzano poche ma velocissime folate di vento gelido. Oppure camminare fino alla costa dei tei e capire cos'è davvero la wilderness...o comprendere appieno l'emozione che si libera quando arrivi in vista dei Piani eterni!!

venerdì 2 dicembre 2011

OLTRE 7000 m. DI DISLIVELLO (2^ PARTE)


Arrivato alla forcella mi lascio cadere a terra. Appoggio le mani agli occhi e sento nella testa vampate di fatica. Penso se sia il caso di proseguire, poi competo che in ogni caso devo scendere. Mentre consumo un magro spuntino decido di calarmi a valle poi si vedrà. Le nuvole si sono accoccolate stantie sulle cime, il grigiore sopravanza il blu della volta. Una manciata di tempo di riposo e riparto. Scendo deciso lungo le accidentate balze dei pendii. Un susseguirsi di roccette affioranti, macereti, erbe fiorite dove cardi dai toni violetti e gigli dalle tinte aranciate dipingoni i magri zerbi. Corricchio con fanciullesca baldanza e calo di quota come nei fotogrammi d'immagini cinematografiche accellerate. Le gambe hanno trovato un giusto equilibrio ed a proprio agio s'inoltrano nella faggeta che in basso si sostituisce all' erbato declivio. Mi ritrovo dopo circa tre quarti d'ora al bivio. L'amletico quesito "salgo o non salgo" s'insinua. Decido senza tanto ragionare di voltare verso l'alto. Ringalluzzito e rigenerato nelle forze ho l'impressione di non sentire gli affanni dell'erta. Dura poco l'improvvido sentore. Come le gambe se ne accorgono sono lamenti. Tutto il corpo propende per un rapido ritorno a casa, sogna un morbido giaciglio. Invece risalgo stimolato da qualche masochistico neurone lungo cenge e costoni ripidi e malignamente sadici. Il silenzio è rotto da leggere bave di vento. Cerco un andare che trovi un equilibrio tra fatica e resistenza. Le grige rupi ed i verdi penddii cercano di mitigare il proseguio. Vado avendo la sensazione di automa che esca dal proprio corpo. I rumori che percepisco diventano surreali divagazioni della mente. In alto le ultime rocce aeree che supero, la forcelletta che scavalco e svela un'ennesimo punto intermedio di arrivo riequilibria corpo e mente. Mi aspetta l'ultimo tratto di salita. Ritornare al Forzelon e poi verso l'estremità della busa delle Vette. Uno stanco incedere mi porta al Dal Piaz. Le cime, i profili dei monti, i colori, le sensazioni rinbalzano, sembrano estranee; le percepisco ma passano, non lasciano incanto. Oltrepassare l'ultimo passo diventa nulla consolazione. Poi il rifugio un caldo tè, diventa sollievo, diventa nuovo vigore. Riparto e m'involo verso la fine del viaggio a Croce d'Aune. Al termine incontro un'altro escursionista di ritorno. E' felice s'è portato a spasso i suoi oltre cento chili su fino al rifugio, ora guarda in alto con sguardo sereno. Penso al mio percorso oltre 7000 metri di dislivello, poco più di 10 ore di condensato di fatiche, gioie, sensazioni, dubbi, imprecazioni, corse, stordimenti... Ognuno ha bisogno di cercare la propria via.