tramonto

lunedì 5 settembre 2011

LA FORZELETA


C'è una strana luce albicocca che colora il cielo a settentrione. Il sole appena levato tra aloni e circhi di nuvole propone un look saturniano. Battaglioni di nembi avanzano lente con una marcia inarrestabile verso levante. M'inoltro nella val Canzoi alla ricerca di una possibile meta. Osservando la fitta vegetazione noto che il "dipintor sublime" s'è messo all'opera sulla tela monocroma verde ingentilendola di leggere tonalità bruno-ocra. Devio verso l'interno della val Fraina. Risalgo su a Fraina Alta, in un ambiente agreste, dove la mano dell'uomo opera ancora perchè un mondo d'un tempo non scompaia. D'attorno lo sguardo scorre verso appicchi rocciosi, intagli e fratture, pendii rupestri ricchi di vegetazione e di silenzi. Dietro la casa più in alto, il sentiero, pressochè introvabile, entra nel fitto del bosco. Nella quiete s'odono distintamente voci che scendono dall'alto. La via risale erta quasi in punta di piedi ora ricoperta di foglie brune o di rami spezzati, o tra alte erbe. La durezza della risalita rimanda ad antiche fatiche; quelle che sopportavano coloro che ivi transitavano per portarsi nei luoghi di lavoro. Dal profondo del bosco escono voci melanconiche d'uccelli. Devio e raggiungo Saladen, luogo che pare voler strappare al tempo che passa un destino segnato. E' un incantevole angolo fatto di un prato che è inesorabilmente aggredito dall'avanzare del bosco, due piccoli edifici che denotano le rughe della vecchiaia, due alti faggi che piangono un loro fratello schiantatosi qualche tempo fa. Rimangono le mosche, quali vestali del tempio. Riprendo a salire su un tracciato che si fa sempre più esile. Pur scorrendo fra pendii erbosi e boscaglie a mezzacosta, sembra di dover camminare sempre in cengia. Alle volte ci si trova a seguire tracce, alle volte bisogna indovinare l'andare. Nell'ambiente severo della Busa dei Gai, raggiungo altri due escursionisti, là dove il sentiero scompare. Bisogna seguire tracce come il fiuto di un cane. Pare che il sentiero stesso abbia abbandonato il luogo natio e sia andato emigrante, ora ritornato, dopo tanto tempo, non ritrovi più la via di casa. Vaghiamo alla ricerca finchè complice qualche ometto posto chissà in quale "epoca" ritroviamo la via. Faticosamente risaliamo tra confusa vegetazione, mughi, erbe, faggi, si mischiano caoticamente. Poi indovinato il canalone liberiamo le energie che ci portano all'agognata meta. La Forzeleta è uno stretto passaggio che sembra più una feritoia militare d'osservazione che un valico. Se chiedi ad un diabolico tom tom moderno la via più veloce tra la Val Canzoi e la Valle di San Martino ti indicherà questa salvo avere la clausola di avvertire soccorso alpino e pompieri in caso di ritardo. Il varco stretto tra rocce vestite di mughi,oltre ti dà la vista dei severi appicchi rocciosi fratturati dalle tinte grigiobrune della Punta del Bosco lungo. Da lì la vista rimanda ai verdi declivi erti del Colle dei Gai e di Saladen, oltre la vista verso le velate pareti del Sass de Mura e del circolo dei Piani Eterni pronti nel grigiore ad attendere le prime piogge settembrine. Ridiscendo come assorbito nel tempo e nello spazio, dove gli stessi perdono di identità. Precipito quasi risucchiato, come speso accade nei monti feltrini discosti, nelle voragini di abissi. Sono pochi gli escursionisti che si cimentano in questa via, anzi sembra che sia lo stesso tracciato che offra un pass a chi dia garanzie di poter percorrerlo. Per chi ama questo genere di emozioni , qui ne esce appagato.