tramonto

giovedì 12 gennaio 2012

AUTO


E vennero la 500 e la 600 che misero in moto tutta un'Italia intera. Si cominciò lo spostamento veloce da un capo all'altro della penisola, a cambiare rapidamente di luogo sbeffeggiando i ritmi passati. Poi arrivarono gli anni sessanta e settanta e le auto aiutarono a codificare anch'esse le categorie. La simca 1000 diventava auto da muratori, la R4 era cosa da falegnami; per gli imbianchini servirono Ford escort, taunus o la vecchia Anglia, capienti poichè dovevano trasportare lunghi bastoni su cui venivano legati pennelli col fil di ferro, auto di seconda terza mano. Le casalinghe di una certa età, che si liberavano di un antico modello culturale trovavano la loro indipendenza nella 126. I bellimbusti che già intravedevano i futuri eccessi del nord est esibivano con vanagloria la 131 supermirafiori. Come dicevano i Nomadi in una loro canzone "Quelli che erano adolescenti come me...avevano tre miti a quell'età: il sesso il socialismo ed il GT". Gli sportivi sognavano l'HF, mito dei rallies. Il rumoroso maggiolone talvolta era cosa da preti. Arrivava come un siluro la verde 850, senza la marmitta la si sentiva lungo tutto il tragitto a distanze "infinite". E poi la rossa prinz L o la scattante mini minor contribuivano ad alimentare lo zoo stradale. Poi con gli echi del maggio francese scesero assieme alla nouvelle philosophie da oltralpe anche macchine che divennero di uso e costume per i giovani dai pantaloni a zampa d'elefante, studenti squattrinati, in un tempo in cui cercavano un mondo libero da ogni sorta di tabù. Cominciarono a scorazzare Audi 8, la Diane 6 o la più gettonata 2 CV. Per coloro che ormai avevano fatto della loro vita la scelta on the road era pronto il floreale furgoncino 850. Mondo hippies in movimento. Da quelle macchine uscivano anche i nuovi alpinisti ed escursionisti, che sognavano un "nuovo mattino" di libertà e solitudine. Bagagliai che diventavano magazzini viaggianti di corde, ferraglia varia d'arrampicata, pedule, sacchi a pelo, coloratissimi ed estrosi indumenti, bottiglie con vario contenuto. Son passati tanti anni da allora, ora girano presuntosi Suv, arroganti gipponi che spianano le buche (dimenticando le sconquassate campagnole), il colore si fa uniforme sui toni del grigio. Grige come l'asfalto, grigio come l'atmosfera che ci circonda, grigio come il nostro presente, grigio forse come il nostro...futuro.

giovedì 5 gennaio 2012

FRAINA ALTA


Come esci dal bosco e ti affacci alla verde radura hai la percezione di entrare in un altro mondo. Di colpo i rumori della valle, le frenesie del mondo reale scompaiono. Hai la sensazione di tempo sospeso, i ritmi rallentano, lo percepisce sulla pelle. L'atmosfera è ovattata come quando cade la neve. Una dolcezza che strugge. Ti guardi attorno e ti vedi solo eppure è come se tutto intorno fosse vitale. Un mondo animato fino a pochi attimi prima ed ora fermo pronto a riprendere vita lieve. Questo mondo magico contrasta con l'attorno. Un ambiente ruvido selvaggio. Racchiuso da monti scoscesi, canaloni impervi, pendii irraggiungibili, balze rocciose che ti respingono. Anche i camosci sono impacciati nel muoversi. I rumori sono quelli emessi dalla natura. Il vento, il cadere della pioggia, il tuono, il mormorio delle fronde diventano padroni del luogo. Eppure se ti addentri nell'interno scopri i richiami del tempo. Il passato diventa presente. Riscopri passaggi di carbonai, falciatori, boscaioli, cacciatori. I sentieri non più calpestati compaiono, scompaiono, il bosco aggredisce le poche radure. Restano i nomi dei luoghi spesso irraggiungibili, dimenticati. Chi rammenta più laforcella Pollet, el covol de le segade, el col dei gai...Eppure quei sentieri portavano al di là dei monti, comunicavano con le valli attigue. Posi gli occhi sulle casere ed avverti la presenza di coloro che le abitavano, pensi che da un momento qualcuno esca, che ti inviti. Fai fatica a staccarti a lasciarlo questo posto, ti imprigiona come il canto di una sirena.