tramonto

venerdì 7 ottobre 2011

ALTA VIA DELLE LEGGENDE


Correva l'anno 1982 e noi correvamo, chi in bicicletta, chi in motorino, alle feste paesane. In un'afosa serata estiva probabilmente intorno a ferragosto a Pez ci trovammo a discutere di escursioni in montagna, non tanto lontani dalla spina della birra. Qualcuno, che sostava da parecchio in quel luogo propose di avventurarci in un qualche trekking di più giorni; ovviamente la scelta cadde sull'alta via 2 delle dolomiti, tratta Brixen-Feltre. Poi quando il livello di guardia della birra aveva superato certi confini, i fumi dell'alcol generarono la disgraziata idea di compiere un'impresa, stabilirne il record di tempo. Si favoleggiava che uno sconosciuto escursionista tempo addietro avesse percorso quei quasi 200 km in quattro giorni e mezzo. Rammento che una lampadina mi si accese immediatamente. L'anno prima l'avevo fatta con l'amico Silvano in cinque giorni e mezzo senza tanto faticare, quindi fatto due conti personalmente l'impresa era fattibile. Il crocchio di persone intanto s'era fatto numeroso e i pretendenti erano diventati tanti. Svanite poi l'indomani le esalazioni da alcooltest, di "atleti" ne rimasero ben pochi. Partimmo in auto di mercoledi in quattro. Di sicuro facemmo la miglior prestazione automobilistica da Feltre a Bressanone, in quanto credo il pilota non scese mai sotto i centoventi, nemmeno nei centri abitati (allora i punti alla patente erano di là da venire). La nutrita spedizione alla fine si ridusse a me ed al mitico Bastianel (al secolo Walter De Bastiani). Da allora sono passati quasi trent'anni ed i ricordi sono diventati ovviamente nebulosi, ma qualche episodio è rimasto indelebilmente impresso nella memoria. Ricordo l'uscita dal rifugio Plose, là dove muovemmo i primi passi con lo sguardo rivolto alle Odle, prima barriera da superare, in una giornata serena. Lungo la pista di sci ci portammo al paese sottostante cercando un albergo dove si doveva apporre un timbro sul libretto di guida. Segnale inequicovocabile per poter aspirare alla spilletta che ci avrebbe onorato di entrare negli eletti, al pari della conchiglia di chi percorre il cammino di Santiago. Il gestore del locale, alla nostra richiesta, ci trattò in malo modo nell'idioma sudtirolese negando il timbro...non era possibile! Rischiavamo che una simile banalità ci inficiasse l'impresa. Facemmo leva sulla forza di italici invasori alzando il tono di voce e mettendo così in allarme gli avventori, per raggiungere lo scopo. La salita verso il rifugio Genova la feci con esuberante dispendio di energie. Al Puez ci fermammo per un pranzo ristoratore, un abbondante piatto di spaghetti che lo stomaco scombussolato dal cammino si premurò di lasciare in loco poco discosto. Oltrepassammo quindi il Passo Gardena e ci involammo sulle bastionate della scarpata oceanica dell'isola Sella. Su lungo la val Setus, il terrazzamento dove c'è il Cavazza, su più in alto fino a sfociare nell'altopiano sommitale. Qui trovai una senzazione unica di cielo. Chiusi gli occhi, mi abbandonai a respirare spazi immensi nel silenzio, allargai le braccia girando più volte su me stesso. Era come abbandonarsi e naufragare dolcemente nel mare di Leopardi. Sentii più volte l'eco del mio nome volare in quel tempo sospeso, era Walter che mi chiamava non vedendomi dietro di lui. Pernottammo al Rifugio Boè, mangiammo...chissà se mangiai quella sera, dormimmo...forse un po'. L'indomani alle prime luci dell'alba eravamo già in cammino. In un batter di ciglia scendemmo il ghiaione verso il Pordoi, ed in breve ci trovammo a specchiarci nel lago del Fedaia. Gli scarponi mi avevano distrutto i piedi, non trovai di meglio che togliermeli e di percorrere il tratto fin oltre malga Ciapela scalzo. Poi la salita verso il Forcarossa divenne un'agonia. Eravamo a metà del cammino e le forze erano già al lumicino. Sono convinto chè là dove si scollina verso i declivi verdi del San Pellegrino ho capito ciò che fa la differenza in queste improbe imprese. Si va avanti esclusivamente con la forza della determinazione. Ed è questo che quel giorno mi ha consentito di arrivare alla seconda tappa...Mulaz! Il terzo giorno sarà un vagare sulle Pale in lungo ed in largo. Guglie, bastioni rocciosi, gole profonde altipiani silenti, salite e discese, infinite come quella che dal passo delle Lede ci porta a fondovalle passando Per il Minazio e poi il Cereda ed ancora su verso gli infidi ghiaini dell'Intaiada. I rimbrotti lontani di tuono, le nuvole minacciose sempre più cupe che si avvicinano. Lampi, vento intenso, tuoni sempre più marcati. Varchiamo la porta del Bivacco Feltre in Cimonega che si scatena il diluvio universale. Quindici minuti da fine del mondo. Poi una calma apparente da quiete dopo la tempesta di pascoliana memoria. Si riparte, data la luce del giorno che non sta ancora voltando nelle ombre del crepuscolo. Meta un caldo minestrone al Boz. Ai Caserin ci sorprende uno strano vento. Intanto il velo della notte comincia a stendersi. Un colpo di tuono secco, lampi che illuminano a giorno l'andare. Ricomincia a gocciolare, poi si scatena l'inferno. Le ultime energie ci fanno volare giù verso la salvezza in Neva. Spalanchiamo la porta, ci avventiamo in un angolo libero della stanza, ci togliamo lo zaino, gli indumenti fradici, facendo a terra un lago. Alzo gli occhi e vedo occhi sbarrati verso di noi, increduli, silenziosi. Sono quelli del gestore Scudelin e di Daniele, allora giovane ragazzo alle prime esperienze di vita in rifugio...dopo trent'anni sarà ancora là, lui a mandare ...avanti la baracca. Chissà forse mi sono seduto sulla sedia del larin e mi sono addormentato all'istante, chissà non ricordo. Levato il giorno appresso si riparte. Ormai ci rimane l'ultimo sforzo nel salire la rampa dello Scarnion e poi un lungo saliscendi per superare le varie buse glaciali: del Gevero, di Ramezza, di Pietena, delle Vette, e poi giù a Feltre verso la storia. La spilletta triangolino rosso col numero 2 da appuntare orgogliosamente alla camicia quadrettata di flanella. E Walter a riscuotere la scommessa vinta (una birra!!) di arrivare al negozio di attrezzatura sportiva da Oscarsport prima della chiusura. Quando ancora i negozi abbassavano la serranda a mezzogiorno del sabato.

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