tramonto

lunedì 18 luglio 2011

TOUJOUR LE FORZELON


Lo sapevo che prima o poi ci sarei ricascato, anche se ho spergiurato che non lo avrei mai più fatto in salita. Lo avevo sfidato sotto un solleone agostano nel momento massimo della calura, con il sole che picchiava come un boxeur dopo avermi messo all'angolo, un sole psicopatico. Questo è un sentiero tosto, duro, carogna, presuntuoso, arrogante, va per le spicce, è un padre padrone, nulla ti perdona, di sicuro non ti coccola, se ti fermi si spazientisce, ti considera men che niente. L'unica cosa che puoi fare è domarlo. Dal ponte sul Colmeda, le cui acque scorrono con alto chiacchiericio alzo lo sguardo, sta lassù il despota 1150 metri più in alto, seminascosto dalle nebbie vaganti. E' un'ampia sella che migliaia di anni fa vomitava gli umori dei ghiacciai. La mattinata è umida sa di sapore settembrino. Il silenzio della valle è rotto da poderose martellate e da sfrigolii di lamiere provenienti da una casera nascosta fra la folta vegetazione. Un capriolo, inveisce con voce sgraziata; sarebbe da consigliarli una logopedista. Un greto ghiaioso bianco da l'idea di lavorar più di qualità che di quantità. Le alte erbe, che raccolgono tutte le linfe della notte sono ubriache di guazza. M'imbombo le scarpe e le gambe. Ciclamini deliziano il bosco. Sotto i covoli, dove i nostri avi antelucani si riparavano pascolando gli armenti, gorgoglia un rivolo d'acqua. Più su un bivio, si prende a sinistra, in piano. Saranno gli unici dieci metri di piano! Mi si para davanti un muro invalicabile di nebbie e di oscura selva. Un file recondito apre una finestra e mi avverte laconico che inizia la salita. (Perchè finora cos'era...) Voila le Mùr!! Se chiedi ad un escursionista di accompagarti ti dirà che in estate preferisce andare sulle Dolomiti ed in inverno...che c'è la neve...Il sentiero sale scaltro a zig zag, ringalluzzito da giovanili energie. A mezza via il sole fora le nubi come per un beffardo avvertimento. Fra le radici di un grosso abete nemmeno il viottolo sa dove andare, s'inpenna, si verticalizza. Passo vicino ad un formicaio enorme, un cocuzzolo pieno di frenesia; tutto un via andare di nere formiche. Usciti dalla faggeta, si fa trasversalmente una cengia, anche il sentiero ha bisogno di rifiatare. Ma come arriviamo sul bordo del costone si riprenderà, data la pendenza, a mo di scalinatà. Nella brezza che fa tremolare le foglie e movimentare le nebbie, risalgo l'erto crinale stretto, i pendii traboccanti di variopinte fioriture precipitano ripidissimi. Esco su un belvedere riesco a vedere un mugo arpionato alla roccia, poi intuisco un costone più in basso e poi il nulla. Ci mancano gli scheletrici alberi secchi sgusciare dalle dense foschie, per rendere macabro e angoscioso il proseguio. Il sentiero continua imperterrito per balze, cenge, scalinate su roccia e su erbe viscide. Traversa pendii instabili, poi rifugge su canali franosi fra minacciose pareti. Alla fine ti prende per sfinimento e lo segui arrendevolmente. La fitta bruma ti fa intravedere ombre che non riesci ben a decifrare. Poi quando ormai disperi ti trovi a varcare l'agognata sella. Ed il sole coaudiuvato dal vento Matteo di buzzattiana memoria, scrolla la nuvolaglia e se ne esce strafottente. Me ne ritorno scendendo lungo un fiume di fiori dal color lilla per un altro tragitto, ma questa è un'altra storia, un altro racconto.

1 commento:

  1. magnifica descrizione!... comunque sarà difficile che qualcuno mi convinca a fare quel sentiero.. in salita o in discesa cambia poco...! al Forzelon ci sono arrivato da Val San Martino, passando per la busa delle vette... siamo poi scesi per lo scalon delle vette, dove sono scivolato alcune volte. dal Forzelon mi ricordo che il sentiero verso la Val di Lamen sprofondava letteralmente... mi ha fatto una certa impressione..

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