tramonto

sabato 16 luglio 2011

ALTA VIA DEL GRANITO (2^ parte)


Mentre lasciavo le nari farsi accarezzare dalla fragranza del caffè il rifugio si è animato dall' arrivo di un gruppo di alpinisti. Lascio la compagnia dopo una sosta appagante di una ventina di minuti. Scendo verso il corso d'acqua e superato un rustico ponticello mi fermo per un "lauto" pasto...due fette di pan carrè con sottilette. Alla fine sarà l'unica cosa che mangerò durante il tragitto. Si punta risalendo il bosco di conifere alla volta delle Buse Tedesche. Ritrovo subito il giusto ritmo che rapido mi fa guadagnar quota. Giungerò risalito una valle boscata in " terribil loco" che reca un nome che è un programma: i Laghi dell' Inferno. Quella conca dove si mescolano in un amplesso massi, arbusti, acque che sa di averno dantesco il tempo sembra fermo. Le acque dal fondale scuro e pietroso ti attirano come un magnete...meglio ricercar una diritta via! Ascendo verso una sovrastante baita dove incappo in un gruppo che risale stancamente a mo' di serpentone. La combriccola é guidata da Fabrizio Bellucci di Zainoinspallache fa da capobranco. Sono sulle loro tracce dalla partenza. Raggiutili mi lascio andare ad un "dottor bellucci I suppose". Ci fermiamo un po' più in alto dove la salita si fa meno erta. Con un po' di sceneggiata consegno la fotocamera allo sbadato escursionista, faccio un tratto di strada assieme e poi nell'apertura dei mondi alpestri delle buse tedesche saluto l'andamento lento del gruppo vacanze zainoinspalla. Cammino sull'ennesimo tracciato militare. Mi vien da pensare che la prima guerra è durata tanto perche si son fatte strade ovunque e che le battaglie venissero combattute nelle pause di lavoro. Rododendri dappertutto. Lo sguardo non è mai sazio di panorami, di scorci, di particolari. Si va veloci, il procedere non è difficoltoso in quota, pochi i dislivelli. Un tratto di ghiaione, un ultimo sguardo alle conche ampie delle buse todesche roccaforti austriache e scollino nelle rocce metamorfiche alla forcella delle Buse todesche. La viabilità si rafforza con bordatura a valle e massicciata di muri a secco a monte. Intanto si apre un'altra valle, altri panorami e svoltato l'angolo il Cima d'Asta si sublima nella sua possanza. Un lungo passeggio a fil di cima tra ghiaioni pietrosi e rododendri. Il monte che supero è bifronte, da un versante fatto di rocce metamorfiche, dall'altro granitiche, come se un uomo fosse mezzo bianco e mezzo nero. Comincio ad incontrar sempre più escursionisti, sono lontane le solitudini del primo mattino. Scendo verso oriente calamitato da uno specchio blu che diventa oggetto del desiderio. Entro in un'antro della roccia, postazione militare, per guardare lo spicchio di visuale con occhi diverso. Mi ritrovo al bordo del lago, a forma di cuore. Leggere increspature lo rendono vivo, le nuvole che si specchiano ballano. Poco sotto ...forcella Magna...difatti ci sono avventori con luculliani panini in mano nel crocicchio incontro di sentieri. La mia freccia mi indicata che la mia via sale su...(le altre indicavano vie più allettanti!). Va beh. Risalgo su una strisciolina di sentiero a zig zag sul costone nudo. Pervengo ad un bivio, entrambe le vie mi portano alla successiva meta. Chiedo informazioni a tre personaggi che arrivano, se proseguire per la ferrata. Sono inglesi. Io parlo poco più di un acca d'inglese, loro un italiano da penisola britannica. Mi attardo un po' nel prendere una decisione, poi li seguo. Li riprendo e mi lasciano passare su un tratto ferrato. Il sentiero diventa via per capre tra rocce e ghiaioni. In senso inverso scendono delle persone ed una signora chiede se per caso ho visto un cellulare che perduto cercava disperatamente...E chi sono io il cercatore di oggetti perduti?... Continuo con fatica su brecciame appuntito, sento uno strano soffio, guardo; è una vipera in fase difensiva. Resto immobile. Va lei o vado io...Va lei, risoffiando striscia sotto le pietre. Poi davanti a me uno strapiombo di roccia. Lo si deve superare salendo su pioli di ferro. La stanchezza comincia a farsi sentire, risalgo gli artificiali appigli con estrema cautela e come esco sul soprastante crinale ne ho sollievo. Altra sosta sento le forze al lumicino, provo a mangiare. Con fatica ingollo mezza pastina. Arrivano gli inglesi. Ci facciamo un gran discorso. Ad ogni parola vedo la mente che va a sfogliare il dizionario ed i libri di testo, così fan loro avvantaggiati dal fatto di essere in tre. Alla fine li guardo e sorridendo sbotto in una surreale commento -my english is wanderful!!!- oh yes loro di rimando, mentre ripartono. Sosto ancora un po'. Riprendo ma con fatica, mi fermo più volte, quindi su ancora su "simpri su". Oddio quanto manca a veder la fine de 'sta salita. Poco manca poco, i miei nuovi amici sono là seduti che si sbaffano una birra con british eleganza. Un gesto di offerta , alzo la mano come di ringraziamento, saluto sempre in mimica e mi precipito lungo il pendio a peso morto. Intanto la poderosa parete della Cima d'Asta si svela nella sua essenza, sotto il lago blu intenso ne fa da specchio narciso. Veli leggeri di nuvole vanno e vengono si trasformano in pennacchi che salgono, in corpose nubi che scorrono, in fumaioli ballerini, scompaiono, nascondono la cima, la esaltano. C'è un via vai al rifugio Brentari di escursionisti, dall'interno escono note di un coro di montagna, chi in piedi si gode il panorama, chi seduto si abbuffa in un panino. Bevo ingordo dalla bottiglia di te, poi riprendo il cammino stavolta verso la fine del viaggio. Seguo una linea dritta lungo le placche lisce di granito senza degnare il reale tracciato. Scendo sicuro e quando la pendenza si fa più cosistente adeguo il corpo ad una posizione baricentrale...più da seduta. Corricchio nella parte bassa attento alle pietre taglienti come pugnali se scivolo sono infilzato da quelle lame litiche. Poi il bosco di larici ed una strada forestale mi riporta alla base di partenza. Totale circa 10 ore di viaggio fra le meraviglie dei lagorai. Due fette di pan carrè con sottiletta, una mezza pastina e un litro di tè il mio sostentamento.

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