tramonto

giovedì 9 settembre 2010

CIMONEGA


Sereno. Su in alto,alle prime luci dell'alba si indovina un blu intenso. Nessuna nuvola si aggira in cielo. Il lago di Val di Canzoi è increspato da una leggera brezza ed i monti che si riflettono sembrano ballare. Intanto le cime si incendiano dei primi raggi di sole. Camminando rincorro il levare del sole che si cela dietro le fronde fitte della vegetazione. Abbandonata la strada che porta al Frassen, risalgo il ripido sentiero che corre a fianco del Caorame che in questa stretta valle scende in un continuo susseguirsi di cascate, di marmitte e di scivoli dall'acqua limpida,azzurra. In un percorso che conosco molto bene, mi fisso dei punti intermedi come mete per accellerare mentalmente la salita. La luce del sole inesorabile scende lungo i pendii mettendo in risalto le peculiarita delle rocce e dei crinali. Di tanto in tanto scruto il cielo, così azzurro sembra un mare rovesciato. Arrivo in casera Cimonega, dove si svela l'apoteosi di questo angolo di dolomiti staccatosi in ere geologiche antichissime dalle pale di San Martino e naufragate sulle scogliere delle Vette. Il chiaro delle rocce si esalta nel blu del cielo. Il Sass de Mura, il Piz de Mez, il Piz di Sagron, il Sasso dell Undici, il Sasso Largo, il Comedon si susseguono nell'anfiteatro come in un galà di stars. Il mio passo regolare, ma lesto mi porta rapidamente su ai rossi bivacchi del Cai (Feltre e W. Bodo). Da lassù lo sguardo scende alla verde conca di cimonega dove sembrano calamitate tutte le bianche strisce dei rivi d'acqua che si radunano prima di gettarsi d'un balzo nella valle. Salutati i pochi avventori m'incammino verso il cuore del luogo risalendo fra rocce montonate, magri e verdissimi declivi, ora risalendo roccette o friabili ghiaioni. Ho voglia di raggiungere le creste in alto, di spaziare con lo sguardo oltre. Seguo lo scarno sentiero che porta all'attacco della via normale al Piz di Sagron. Salgo alla cima del Vomere, la cui parete meridionale scende diritta nel sottostante circo, anzi tutto d'intorno sprofonda come un abisso. A settentrione la vista vola su verso le pale di San Martino, giù verso la valle verde del Mis. Paesi che spuntano qua e là come macchie bianche. Intanto le nuvole cominciano maligne a vagare, poi a stazionare sulle cime, poi a nasconderle. Potrei salire in cima al piz. Ma data l'irregolarità delle nubi opto per un giro alla base fra ghiaioni, piccole piante di fiori pionieri e distese di massi sparsi in un caos che sembra una composizione di arte contemporanea. Qui è il regno dei camosci, sbucano all'impovviso da dietro le creste, poi corrono veloci via verso le cenge. Mi spingo fin dietro il Piz de Mez a guardare le rocciose scarpate che scendono verso la val Giasenozza in una nuda e severa ambientazione. I crolli di rocce a lato del Piz di Sagron evocano scenari da epopee di film western. Da quassù si gode un bel colpo d'occhio verso la conca del pian della Regina , che vado a "ritrovare" scendendo assorto nel silenzio del luogo. Poi una lunga corsa mi riportera giù in valle.

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