tramonto

martedì 13 agosto 2013

MONSAMPIANO

Risalgo il vallone per secoli via verso i piani alti da parte dei valligiani di Aune, ora pressochè  dimenticato, diventato terreno per temerari. Oggi una strada, deriva cementizia, entra ripida salendo in profondità tra le mattinate ombrose d'Orza e le albe solatie di Le Val. Fino a quando compaiono vecchi muretti a secco, anch'essi addentratisi nella caducità dell'esistenza, rimandano alla memoria chiusure di campivoli contro le intemperanti invasioni d'armenti. In avanti il sentiero sale stanchissimo, così ripido in pendenze proibitive da dissanguarti, camminando in una rilassante faggeta, da farne da contrappeso. Poi si libera mostrandoti imponenti troni di pietra grigia su sfondo blu cielo. Si scivola su ghiaione che canta. Alzi lo sguardo e pareti rocciose sbarrano la via in alto come diga insuperabile. Il verde, non più toccato da tempo da mano d'uomo, s'impossessa dei luoghi; cala un telo monocromo sui declivi, tanto da aggredire le balze prendendole per sfinimento come negli assedi medioevali. Il sole fa le bizze, entra ed esce fra le nuvole e le rocce. Intanto il sentiero, sempre più esile si contorce, s'insinua in meandri, si fa scala, raminga senza meta apparente. Mostra una veduta su Aune...penso a quel terribile agosto del '44 quando da quassù partigiani e gente fuggente del luogo, videro alzarsi lingue fuoco, rosse alte in cielo, fiutare l'acre odore del fumo. Le case bruciate dal rancore del nazifascista; belva ferita. Oggi c'è profumo di fiori che crescono in quantità industriale. C'è una baraonda di piante, di alte erbe di spuntoni litei, di ripidissimi canaloni, dove il botanico Zannicchelli nel '700 descrisse di orridi, nebbie fitte e temporali perturbanti dalle valli tedesche, di riposanti aie prative. Poi tutto si apre alla vista al Passo di Sant'Antonio. Da qui si risale lo Scalon per ripido intaglio munito di corde sul filo dello strapiombo...in terribil loco direbbe il nostro!. Poi di colpo ampi prati d'alpeggio e le tensioni di poco prima sono subito sopite, battuti da fresca brezza. E tracce, misere, fino a incontrare un sentiero, misero anch'esso, quasi mai calpestato dai GPS odierni. Su un mare di fiori gialli in Monsampiano. Un pastore all'uscio della casera. Saluto, imbocco la pendana, escono d'improvviso una moltitudine di cani neri, come l'inferno, strattonano le catene, s'aizzano, sembrano sbranarmi; Salto indietro e mi dileguo al loro latrare e via di corsa lungo la mulattiera quasi piana. E poi è Busa di Cavaren, di Caneva; fiori di ogni tipo da fotografare, da annusare. Cammino e corro...cammino e corro. Ho anche un piccolo tifoso, appoggiato alla vasca d'acqua sotto il ghiaione del Pavione, mi incita op...op..!!! Corro ancora mentre il vento fa il suo giro, porta ormai correnti fresche dimentico delle caldane del deserto di qualche giorno appresso. In alto vedo sulle creste piccole figure che si incontrano, che vanno e vengono verso l'alte cime. Si scambiano parole che l'aria mi porta giù. Passano e vanno, si perdono. Tra i calcari un gregge. Sono ritornate le pecore nel parco a dispetto di quegli ambientalisti che le volevano bandite, ma fa struggente paesaggio virgiliano. Un'ultima corsa e sono al Dal Piaz. Tanta gente. Poi una volata in valle e in casera dagli amici con una fame "esagerata". Soddisfatta!!!

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